E’ praticamente impossibile varcare la soglia della palestra di Viale Trieste 143 e non percepire la presenza di Silvano Modena. Del Maestro Silvano Modena. Una figura quasi mitologica che, nella sua trasposizione umana, fino a poco prima di morire ha, letteralmente, incarnato il pugilato rodigino. Una figura cui tutti in città, riconoscono integrità, valore morale ed uno sconfinato amore per la boxe.
Alessandro Baricco
E d’altronde non potrebbe essere altrimenti per un uomo che ha saputo uscire con fierezza dalla penna di uno dei più grandi scrittori contemporanei : Alessandro Baricco. Lo scrittore torinese, appassionato di boxe, aveva già dedicato a questo sport alcune storie, che poi erano confluite in Barnum (I e II) e che avevano visto protagonista, guarda il caso, uno degli attuali maestri della Pugilistica Rodigina, Carlo Brancalion. In quella occasione Baricco aveva avuto modo di raccontare i campionati italiani del ’94 a Verbania dove l’incontro tra Carlo Brancalion e Orlando era stato il match di cartello.
Aveva poi deciso di volare un po’ di più con la fantasia andando a raccontare una storia più articolata, cercando di dipingere però dei personaggi realistici. Si era pertanto rivolto all’ex-ct azzurro Franco Falcinelli, perchè potesse indicargli una palestra che potesse fungere da motore ispiratore. Questi, come esempio di “palestra storica e vecchio stampo”, gli indicò la Pugilistica Rodigina. Ed è qui che lo scrittore ha modo di effettuare una vera e propria full immersion nel mondo del pugilato conoscendo il Maestro Silvano Modena e raccontandolo.
Il Maestro Modena
Oltre 50 anni di palestra hanno contribuito a crearne il mito, in città, in Polesine, in tutta Italia. Mitica la sua ginnastica, conosciuta a Rovigo come “la ginnastica di Modena”, mitica la sua vespa bianca. In palestra accoglieva tutti, non esistevano differenze di età, sesso, razza o religione. Le regole erano semplici, serietà e rispetto verso gli altri. E valevano per tutti. Ha forgiato una miriade di uomini, di atleti, per circa tre generazioni.
Antilibano, Donatoni, Temporin, Frigato, Indani, Piffanelli, Ferracin, i fratelli Castellacci e i fratelli Brancalion. Quando abbiamo deciso di scrivere un articolo sul Maestro, mi sono accostato al personaggio con timore e rispetto. Non ho avuto l’onore di conoscerlo ma non volevo una monografia che risultasse stucchevole, ci saranno senza dubbio altre e molteplici occasioni in cui ci sarà modo di parlare di lui. Così ho chiesto ad alcuni degli attuali protagonisti della Pugilistica Rodigina di tracciarne un breve ricordo. Quello più intenso, più educativo, più emozionante. Quello che, insomma, ognuno portava nel cuore. Alcuni di loro hanno preso in mano il suo testimone. In definitiva, sono anche, un po’ figli suoi.
Alberto Castellacci
“Tanti gli episodi che mi legano al Maestro. Sopra tutti, il più importante, l’ultimo incontro della mia vita. Eravamo nell’intervallo, io mi alzo dallo sgabello e dico : adesso vado e lo finisco. Il Maestro Modena, arrabbiato e crudo ma con tutta la sua benevolenza : vai, e vinciamo”.
William Piffanelli
“Conosco il Maestro Modena nel 1985/86, in estate. Mio padre frequentava il Bar Luce ed il Maestro gli chiese di mandarmi in palestra per provare. Il mio primo giorno mi venne incontro Cristiano Castellacci, con cui ci conoscevamo sin dalle medie. C’era anche Luca Ferracin, che era proprietario del Bar Luce. Da lì in poi sono nate amicizie fortissime che coltivo tutt’ora. Il Maestro Modena era un uomo burbero, bastava uno sguardo a metterti in soggezione. Le sue parole erano a volte taglienti come lame. Rimaneva insita in lui una signorilità senza precedenti. Un vero e proprio uomo d’altri tempi. Il ricordo più bello è legato alla mia trasferta in Austria.
Gli avversari erano tutti di alto livello ma a me capita il più forte, appena premiato a livello mondiale. Mi girai verso l’angolo e, preoccupato, chiesi al Maestro: e adesso cosa facciamo? La sua risposta fu così naturale che quasi mi venne da ridere. Mi rispose : due braccia ha lui, due ne hai tu, male che vada perderai per ko. In tanti momenti è stato come un padre, non posso che portarlo dentro ogni giorno”.
Luca Ferracin
“Mi sono trasferito a Rovigo con la mia famiglia da Este nel 1982. Abbiamo acquistato il Bar Luce, da Giulio Rubello. Il locale era frequentato da parecchi pugili. Io in pratica passavo un sacco di tempo nel bar ed un giorno il maestro mi portò con lui in palestra. E’ iniziato tutto da lì. Mi chiamava “muscoli” nonostante all’epoca fossi mingherlino. E’ stato per me un secondo padre. Se devo nominare un episodio da ricordare ne scelgo uno risalente al 1993. Eravamo a Padova e dovevamo batterci contro l’Ungheria. In Piazza dei Signori, ad un certo punto suonano le campane. Eravamo così tesi che ci siamo diretti tutti immediatamente verso l’angolo pensando fosse il gong. Ricordo ancora le persone divertite che ci applaudivano”.
Carlo Brancalion
“Sono entrato in palestra all’età di 11 anni, nel 1984. Il Maestro Modena si accorge subito che sono mancino. Mi fa salire sul ring circa un anno e mezzo dopo ed al termine di una esibizione mi dice : fossi in te cambierei sport e tornerei a giocare a calcio. Il sacrificio è coronato dal titolo italiano dei dilettanti nel 1994 a Verbania (quello citato sopra e raccontato da Baricco, n.d.a.). Il titolo mancava da Rovigo da 50 anni. Ricordo la mia esultanza e le mie lacrime. Quando arrivai all’angolo il Maestro mi disse : datti un contegno e sappi che non c’è tempo per le foto, dobbiamo andare a mangiare che ho fame. Lontani dalla bolgia mi guardò negli occhi e mi fece i complimenti dicendomi : devi essere orgoglioso, questo titolo mancava a Rovigo da 50 anni, sono sicuro che la città ti accoglierà con tutti gli onori che meriti”.
Cristiano Castellacci
“Nel 1989 al rientro dai campionati europei in cui ero stato sconfitto da un pugile russo. Mancavano nove mesi ai campionati del mondo, che erano il mio sogno, e mi resi conto che forse avrei fatto fatica nei pesi leggeri. Decisi così di scendere di categoria ed arrivare ai pesi piuma. Lo proposi al Maestro Modena e lui mi disse che riteneva la cosa improponibile per un ragazzo di 18 anni. Io testardamente continuai ad allenarmi con questo scopo.
Lui però non approvando la mia scelta mi trattava in maniera distaccata. Sapeva che per il mio fisico sarebbe stato uno stress enorme. Raggiunsi comunque il peso prima di partire per Lima durante 90 giorni di allenamento in cui non potei sentire il Maestro Modena. Mi mancò moltissimo, sia per il distacco che si era creato e sia perchè per me era una grande figura di riferimento. Dopo questi mesi di duro lavoro la federazione mi confermò il raggiungimento del peso e la mia partecipazione ai mondiali e potei finalmente chiamare casa raccontando tutto a mio padre.
Mi chiese di sentirci il giorno prima della partenza per il Perù in modo da poterci salutare. Quando telefonai dall’aeroporto, con mia immensa gioia, al telefono rispose il Maestro Modena. Ci tenne a salutarmi ed a farmi gli auguri, con il suo modo burbero, ma era anche un modo per indicarmi la via della pace. Mi disse : sono orgoglioso di te, difendi i nostri colori ed al tuo rientro sarò ad aspettarti all’aeroporto di Bologna. Fu di parola, era lì ad aspettarmi insieme a mio padre. Mi aspettavo un rimprovero perchè effettivamente il voler raggiungere il peso aveva stressato troppo il mio fisico. Invece mi regalò un sorriso e tante parole d’orgoglio”.